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sabato, agosto 23, 2003

LA STORIA LINDT

fonte: lindt.it



Sprüngli

Nella primavera del 1845 il pasticcere zurighese David Sprüngli decide insieme al figlio Rudolf di allargare il giro d’affari della propria azienda, installando una “fabbrica di cioccolato”: un piccolo edificio nella città vecchia di Zurigo, dove trovano spazio appena una tostatrice ed un miscelatore manuale! Nel 1859 Rudolf Sprüngli apre un nuovo negozio di pasticceria in Paradeplaz un elegante locale di ritrovo dove inizia a vendere la cioccolata da lui prodotta. E’ una novità per il pubblico che si affretta a riempire il negozio di Sprüngli, attirata dalla deliziosa specialità. Il successo è tale che nel 1870 inizia la produzione industriale in una fabbrica situata vicino alla stazione ferroviaria.


Lindt

Nel 1879, Rodolphe Lindt, figlio di un farmacista di Berna, installa all’interno di due fabbriche danneggiate dal fuoco un paio di vecchie macchine recuperate da un mulino fallito e inizia così la produzione del suo primo cioccolato. Le macchine si dimostrano inadeguate allo scopo e il prodotto risulta una massa poco appetibile. Grazie all’intervento del fratello farmacista riesce a scoprire il segreto per rendere il cioccolato più morbido e vellutato. E’ un sistema di concaggio, messo a punto dopo molti esperimenti, che rende la miscela di cioccolato così fluida da … sciogliersi in bocca, sprigionando un aroma completamente nuovo. Lindt chiamò la sua nuova creazione “Chocolat fondant”, che divenne la pietra di paragone nella storia del cioccolato di qualità.


Lindt & Sprüngli

Quando nel 1892 Rudolf Sprüngli si ritira dall’attività, divide la proprietà tra i due figli. David Robert si occupa dei negozi, mentre Johan Rudolf diventa responsabile della produzione. Rudolf è un imprenditore intraprendente, quindi prima amplia la vecchia sede poi, nel 1899 inaugura una nuova fabbrica a Kilchberg, sul lago di Zurigo. Quello stesso anno decide anche di acquistare l’industria di Rodolphe Lindt a Berna e con essa i segreti di fabbricazione che avevano reso così famoso il suo cioccolato. La cifra di acquisto è di un milione e mezzo di franchi d’oro, una vera fortuna per quei tempi, ma la scelta si dimostra vincente. Nasce così la Lindt & Sprüngli AG che dapprima si espande in tutta la Svizzera, per conquistare poi l’Europa ed infine le migliori pasticcerie del mondo.



LINDT & SPRÜNGLI: TRADIZIONE E PROGRESSO

Il dottor Rudolph R. Sprüngli, erede di una grande tradizione e rappresentante della quinta generazione della sua famiglia, continua il percorso tracciato dai suoi antenati con mezzi moderni. I principi stabiliti dai padri fondatori non sono mai stati accantonati e le nuove tecnologie sono sempre state oggetto di interesse e di ricerca al fine di migliorare la qualità e rendere più efficiente la produzione. La Lindt & Sprüngli è oggi un’azienda multinazionale, leader nel settore del cioccolato di qualità. Le sue oltre 100 specialità, prodotte secondo le ricette tradizionali, vengono distribuite in tutto il mondo. La produzione viene realizzata in Svizzera presso la casa madre di Kilchberg (Zurigo) e nelle sedi europee in Germania, in Francia, in Austria e in Italia. La Lindt & Sprüngli è presente anche negli Stati Uniti con due sedi. Uova di Pasqua, tavolette, pralines, boules, eleganti scatole e una ghiotta collezione di cioccolatini sfusi: il marchio Lindt offre ai suoi consumatori una serie di prodotti in grado di soddisfare i gusti più raffinati ed esigenti, rinnovando ogni anno le sue collezioni con nuove proposte sia a livello di ricette che di colorati e preziosi incarti. La qualità Lindt si basa sugli oltre 150 anni di esperienza, know-how, dedizione e passione che i nostri Maîtres Chocolatiers ripongono nel produrre il cioccolato di qualità superiore.



LA REALTA' ITALIANA


La storia del cioccolato Lindt in Italia inizia con la Bulgheroni Spa nata nel 1909 come fabbrica di caramelle che nel 1947 affianca la produzione di cioccolato grazie ad un accordo di licenza con la Lindt & Sprüngli di Zurigo.

La proficua attività della Bulgheroni, che ha sempre fatto dell’alta qualità il proprio vanto, porta ad una continua crescita del marchio Lindt sino alla costruzione della modernissima unità produttiva di Induno Olona, avvenuta nel 1984. Il nuovo stabilimento ha una superficie di 34.000 mq. e impiega circa 650 addetti.

Nel 1992 iniziano i lavori per la realizzazione di un nuovo magazzino realizzato nel comune di Cassano Magnago lungo l’autostrada Milano – Varese, attualmente centro logisitco dell’azienda.

Nel 1993 la Bulgheroni Spa viene acquisita dalla casa madre svizzera e diventa Lindt & Sprüngli Spa. Nel 1996 Antonio Bulgheroni, attuale Presidente e Amministratore delegato di Lindt Italia, entra a far parte del Consiglio di Amministrazione di Lindt & Sprüngli AG.

Oggi la Lindt & Sprüngli S.p.A. è una realtà consolidata nel mercato del cioccolato dove grazie alla qualità delle materie prime, l’esclusività delle ricette e l’ampiezza dell’assortimento ha ottenuto un rapido successo

Cronache marziane e maldiviane (giallodivino.clarence.com)

da giallodivino

Agosto 04, 2003

Cronache marziane e maldiviane

Un tempo GiallodiVino rompeva le scatole agli amici con mail lunghissime che esaurivano la sua vena logorroica. E chiamava ‘sta rottura di palle: Bisogni-Masse.
Visto che è estate e qualcuno chiede consigli per le vacanze, e qualcun altro -invece - ci sta per andare, ho ripescato una vecchia mail in cui raccontavo dell’anno in cui andammo alle Maldive. Una settimana di ferie, anzi sette giorni netti. Un last minute e la voglia di staccare completamente. Questo è quello che scrissi all’epoca.
(Lo divido in qualche puntata che la faccenda è lunga, con un editing sommario)

Cronache marziane e maldiviane

Belle le Maldive. Come nei sogni, tutto così fantastico che sembra quasi finto. Il palmizio, la spiaggia bianca, il mare cristallino. E poi i tramonti repentini del sole equatoriale, la notte e la brezza dell'oceano indiano. Squaletti che ci smozzicavano il chiappone, zanzare grosse come elicotteri d'assalto e ramarri che sembrano pastori maremmani. Tutto bello.
Vi farò vedere il filmino (solo una dozzina di cassette), le foto (cinque rollini da trentasei ) e le diapositive (otto caricatori soltanto). Ah se poi volete posso mandarvi anche le foto digitalizzate.
Vi inviterò insomma una sera e vi costringerò a stare svegli tutta la sera, con un dopocena a base di tiramisù, caffè freddo, caffè caldo e gelato al caffè. Alla fine cappuccino per tutti, e anche un cornetto. Se proprio volete.

Ma se le maldive sono belle, la cosa più divertente che può capitarvi è quella di finire in un villaggio. D'altronde non c'è altra scelta: alle maldive o ci vai col villaggio, oppure nada. Non è previsto turismo "intelligente" (mio fratello, l’ha fatto l’anno successivo...con avventure nel mondo, ndr.), che prima di partire ti leggi i libri dei grandi poeti maldiviani, degli scrittori maldiviani o le recensioni dei grandi giornalisti alla Citati, che hanno scritto articoli maldiviani. Non è possibile. Non esistono poeti, né scrittori maldiviani e nemmeno giornalisti filo-maldiviani. Per fortuna.

Alle maldive, gli atolli se li vendono (c'è un ministero apposta, è vero!) e se li compra solo chi si può comprare l'atollo stesso, e metterci dentro un bel villaggio. Se avete due lire da parte è un affarone: atollo più villaggio. Vi mancano solo gli animatori e poi potete cominciare de biutiful carriera di tour operator.

L’ANIMAZIONE Questa la storia della sette giorni maldivesca, mia e di Valeria. Il nostro tour operator si chiamava Veratour, e - nonostante il nome sospetto - da coda di paglia turistica, dietro non c'era alcuna sòla. Tutto ok, tutto vero, come da catalogo, venghino siòri e siòre.
Avevamo a disposizione un atollo grosso come piazza mazzini, senza giardinetti, cacche dei cani, né carrozzine, ragazzini urlanti o pedofili. Il Paradiso a otto ore di volo da casa, recitava il depilant.
Però, c’era il però: avevamo la popolazione da villaggio. Un'unica indimenticabile, e variegata, tribu vacanzifera che esporta urbi et orbi l'immagine dell'italico vulgo in vacanza. Vacanza non "intelligente", dicevo. Questa è quella del "fàmo casino", "annamo", "dimo", "sfaccimm", "facimm", "socc-mel", "'nduma", conosciamo gente, diventiamo amici e facciamo l'animazione.
Sì la faccenda è tutta lì: dai che facciamo l'animazione! Giochi, giochetti, tric trac e caffè borghetti.

Da Sciarm alle Maldive, passando per le Seiscell e via per Santo Domingo, un'unica tribu che balla, gongola, fa amicizia e fa l'animazione e - all'ultimo giorno - tira fuori dalle tasche i fazzoletti per asciugare i lucciconi che sbucano quando devi salutare il grande amico conosciuto al villaggio, in sette-giorni-cinque-notti-all-inclusive. Tu di napoli, lui di casalpusterlengo, uniti dalla passione per l'animazione, e divisi - appena un po' in patria - dalla lega, dalla camorra, dalla ricchezza, dal lavoro che non c'è e "signora mia quelli del sud che sono fannulloni".

L’ANIMATORE L'animatore l'abbiamo consociuto subito, appena sbarcati nella canicola umida dell'aeroporto internazionale di Malè, che è più piccolo dell'area di servizio "Fabro ovest" sull'autosole. Ci aspettava al box del turoperetor e c'aveva importunati subito con uno squillantissimo “CIAO RAGAZZI !!!.
Ciao ragazzi un par di palle.
Moretto, alto, tatuato, secco, sorriso Italia1, occhialini bianchi montatura Marialuisa Busi-Francesco Storace, dialetto mascherato (lo scopriremo solo poi, come 24enne di Latina vergognoso delle sue orgini burine).
L’apostrofata ciao ragazzi !!!! era per tutti. Per noi, per i pischelli appena svezzati, per i 50enni panzuti e sudaticci, per le madame rappresentanti di cellulite, per i commercialisti 70enni di bergamo accompagnati da palestrate minigonnate. E anche per i trasportatori di carne dei mercati generali. Siamo tutti amici, no? La tribu che balla è democratica.
Al quinto ciao ragazzi !!!!, avevamo capito che era una mania. Come nel sessantotto si diceva cioè, nella misura in cui, gli animatori squillano un bel ciao ragazzi !!!!.



Cronache marziane e maldiviane 2.0

seconda puntata... rileggendolo mi rendo conto di quanto fosse ciancicata la consecutio temporum... ma insomma... chissenefrega...

Aggiungi un posto a tavola

Arrivati al villaggio - dopo il cocktail di benvenuto - c'era toccato il pranzo, e noi fatto il primo bagnetto, arrivammo nel risto-buffet travolti da un: ciao ragazzi !!!!, condito con un buon appetito, ... ragazzi!!. Repente, c'avevano spiegato che appena sbarcati al village, t’appioppano un tavolo con altra gente, con la quale socializzare, e che rimane lo stesso per tutta la semana. Insomma resti incollato - come novello Alfieri – da un volli fortissimamente volli del potentissimo sire-animatore che - con un guardo deciso e fracicone - ordina al boy del restaurant la curetta socializzante per i romani palliducci.
Nella mente annacquata da dòsi massicce di giochi senza frontiere, le loro maestà gli animatori decidono di unirti, mescolarti e agitarti bene con una coppietta in viaggio di nozze gioiosa-zelante. Perchè nelle loro intenzioni, in quattro allo stesso desco, di fronte al fusillo amatriciano, si fa prima a fare amicizia e a diventare tutti un po’ ragazzi!!!.
Noi, invece, c'eravamo comportati da gnorri camurriosi, e c'eravamo fatti dare uno dei due tavoli per coppia-sola, che esistevano in tutto il villagio. Era la vera gogna socio-gastronomica, la lista di proscrizione degl'asociali, la croce di chi non s'anima.
Da soli non si socializza, da soli non ci s'anima MAI. E soprattutto da soli nemmeno puoi dire a qualcuno, salvo rivolgerlo alla tua fidanzata, che a quel punto è autorizzata a chiamare la neuro insulare e mollarti all'istante per il maldiviano più fico del bigonzo.

Ma l’animatore aveva spiato la nostra mossa da magnatori onanisti. E c’aveva rifilato un tavolo al fine rieducativo della socializzazione, in condominio con una coppietta romana. Giovanissimi, coattovestiti, bronzati da paura (a ragione, si vedrà poscia), otto parole di vocabolario compresi i fischi. Lei zatterata, sfoggiava improbabili gonnette in panno di daino semaforico, modello Pocaontas del Quadraro. Lui sabòtizzato e lobotomizzato, incedeva gobboso come novello Quasimodo, lasciando dietro di sè la scia perfetta di una dizione imparata alla scuola Totti-Fisichella. Altri segni particolari: lui palestrato, lei anco, lui sguardo ebete, lei anco, e infine lui minus habens e lei pegggio.
Occhiata d'intesa tra noi, mollammo cinque "dolla" al boy maldiviano e ci facemmo spostare nella garrotina pour deux.
Just for two people ? Yes-sir. Ismail, il nome del boy al restaurant, era diventato all'istante un nostro mito. Giocava a pallavolo meglio di come serviva a tavola, era il belloccio tra i maldiviani, vestiva sempre il mocassino nero a stacco su calzino bianco.

Il duo tuscolo

Ma i due tuscolani c'avevano subito conquistato. A voce alta, interno risto-buffet avevano esordito con un familiare e quirite: amò, l'hai presa a' pasta. Erano quasi vicini di bungalow e già al secondo giorno avevano vinto il primo torneo d'animazione del villaggio: STRUSCIA LA CIABATTA, la voce della trucidizia. Praticamente non c'era stata storia con nessun altro. Primo premio una CIABATTA D'ORO STRASCINATA, disegnata da Martufello.

Lui chiamava "Ahò" lei. E lei chiamava "Ahò" lui.
Talvolta si sbagliavano e cascava dall'alto una "emme", l'acca si rotacizzava (??): insomma l'Ahò, d'incanto diventava "Amò".
Il giorno in cui vinsero il primo torneo, avevano anche trovato il tempo per litigare tutta la mattina in acqua. Non avevamo capito quale irripetibile epiteto aveva usato "Ahò-lei" all'indirizzo di "Ahò-lui". Fatto sta che "Ahò-lui" era passato immediatamente alle vie di fatto, e gli aveva dato una pizza. Lei aveva preso a sputare e lui ad affogarla. Lei frignava e lui continuava ad affogarla. Lei s'incazzava e lui l'affogava. Lei scappava e lui l'affogava. Alla fine avevano fatto pace, per la gioia di tutto l'atollo e lui gl'aveva messo una mano su una tetta.Poi però l'aveva affogata, stavolta definitivamente.



Cronache marziane e maldiviane 3.0

...e tre...

Sol cocente

Alla nostra destra in spiaggia avevamo una coppia di JAP mitici. Mitici per la tecnica d'abbronzatura comune a tutto il popolo sol-levantizio. Arrivavano sotto il sole equatoriale e più mozzarelle del sottoscritto, s'immolavano come kamikaze sotto i raggi. Alla fine del primo giorno, la pelle bianca come il sushi si trasforma nella crosta di un'aragosta violacea cernobilizzata. Soffrivano come bestie e ma continuavano ad immolarsi finchè l'ustione non si mutava in abbronzatura, e la soglia del dolore s'innalzava in onore dell'imperatore.

Il Barone

Altri vicini di bungalov, erano una coppia di romani. Lui, Franco detto il BARONE (soprannome origliato in altra conversazione), lei Patrizia, carina (più o meno) aggraziata, lucertola da sol maldiviano, professionista di creme e cremine, agonista della bronzatura feroce. Mentre il marito s'immergeva colle bombole, (al posto della muta gli bastavano i peli, e invece dei pesi, usava la capezza), lei s'arrostiva sulla spiaggetta, da vera campionessa di tanning maldiviano. Patrizia aveva una variegata gamma di costumi sgargianti, muniti di simpatiche applique floreali. Il costume rosso aveva le margheritine, il giallo i girasoli, l'arancione non me lo ricordo. Tutti i fiorellini ornavano ogni millimetro di orlo, e lei mi sa che lavorava da Euroflora. Lui, invece, oltre a immergersi, leggeva la Profezia di Celestino, al ritmo di una pagina l'ora, intervellando ogni periodo con una pennica di mezz'ora e ogni capitolo, con un cambio di stagione.
Col BARONE c'eravamo conosciuti subito, lui spippettava in veranda, mentre io facevo la stessa cosa, gustandomi il tramonto in tecnicolor. M'aveva subito spiegato che quel posto "faceva schifo", e che lui c'aveva " 'na certa esperienza de villaggi. E che quell'altro", dove era stato prima "era mejo". Incuriosito dalla sicumera del BARONE, avevo cominciato a chiacchierare con lui. Soprattutto ero proecoccupato, anzi, terrorizzato dalle sue affermazioni e dal fatto di aver svuotato il mio conto corrente, in modo così incosciente per un villaggio "de basso livello". Allora avevo chiesto chiarimenti al BARONE, prima di telefonare in preda ad una crisi isterica all'agenzia di viaggi, minacciandoli di "mettere tutto in mano all'avvocati". Così Franco m'aveva spiegato che:
è tutta l'organizzazione che non funziona, intanto manca la piscina (la piscina ????), all'altro villaggio lo scorso anno, c'avevamo la piscina, tutta tonda colle vasche Jacuzzi. E poi a noi la doccia non va, esce poca acqua, ma soprattutto c'è 'na cosa che nun funziona,... la cassaforte...
La cassaforte ?
La cassaforte certo, non funziona! Manco quella. Ho provato in tutti i modi: la chiave, la combinazione, gli ho tirato addosso il frigobar. Niente! Ma te pare uno spende quello che spende....
Dove lo metto il cellulare io!!!
Era molto arrabiato il BARONE per la storia del cellulare e della cassaforte, e per questo restammo in silenzio a spippettare ancora un po'. Dopo qualche minuto di silenzio, per trauma da gsm incustodito, ripresosi dalla feroce incazzatura, m'avea chiesto:
ma tu che attività farai ?
Ma, veramente, io faccio il bagno.
Avevo risposto. Lui aveva sorriso
noo, le attività organizzate, l'animazione, le escursioni.
Io sempre più timido, avevo balbettato un: sai, a noi basta la palma, la spiaggia, il mare....
Il sarcasmo trapelava dallo sguardo, dai peli e dalla continua vibrazione della capezza del BARONE, era un po' come la forza che scorreva prepotente in Obi uan chenobi. Allora aveva suggerito:
Immersioni ? (per la verità aveva detto DAIVING).
.. no...
Maschera, pinne e boccaio ? (per la verità aveva detto SNORCHELING).
.. no...
Traina d'altura,... squali... barracuda?
... nemmeno..
Aveva fatto una pausa il BARONE e aveva sorriso.
Te posso dì 'na cosa ?
...certo...
Ma allora che cazzo ce sei venuto affà alle maldive ?
...........
Stavo per rispondere, quando mi ritravolse con un'altra lezione vacanzifera.
Ma scusa no, allora te potevi annà in Sardegna. E poi i fondali !! I fondali !! Ma lo sai che sò i fondali delle Maldive, lo sai?
So' i più belli del mondo dopo quelli de Sciarm. Devi fà lo snorcheling, sennò veramente, era meglio la Sardegna.
Colpito dalla veemenza del BARONE, presi la decisione che avrei fatto lo snorcheling. Sulla Sardegna non ero molto d'accordo, ma tacqui rispettoso della sua scienza subacquea.



Cronache marziane e maldiviane 3.1

Assenze
Nessuno lo dava a vedere, ma tutti soffrivano dell'assenza da cellulare. Io in realtà anche di quella di Internet, dei giornali e del telegiornale. Insomma di nascosto mi facevo ogni sera uno speedball a base di Tavor e Serenase. E poi la notte sognavo Mentana , e avevo allucinazioni con un Lerner sorgente dall'acque, che parlava con la voce di "Ahò lui" e faceva immersioni insieme al BARONE.
Il telefonino.
Stavano tutti un po' male per la sua assenza. Me ne sono accorto quando ho visto tre bolognesi ben vestiti, camminare e chiacchierare fitto fitto con in mano mezza noce di cocco incollata all'orecchio. Pare non ci fosse molto campo, però.

Il giuoco
Ciao ragazzi !!! La voce dell'animatore solerte risuonava in spiaggia, e annunciava giochi e giochetti. Torneo di freccette, quello di ping pong, infine quello di bocce: e là capirono che non dovevano socciare: quando l'animatore burino ce l'aveva proposto, Valeria gli era sbottata a ridere in faccia. Mentre il Barone - vero campione d'animazione, l'aveva fatto, e aveva anche vinto, meritandosi uno strepitoso diploma. Poi il giro di snorcheling, quello in catamarano (60 "dolla"), in pattino e in canoa (nessun "dolla" da pagare) e infine la partita di bic-vollei.
L'animazione aveva le forme e i contenuti di un palinsesto televisivo. Gli animatori infatti nel presentarcela avevano parlato di prima e seconda serata, e addirittura di break tra un giochino e l'altro. I giochi erano semplici fotocopie in salsa tropicale delle minchiate televisive. Faremo Sarabanda -avevano spiegato - e poi In bocca al lupo, e ci sarà il mago Noel versione maldiviana dell'Oronzo italico, il musichiere di Papi (?), e ancora Furore e poi Passaparola. E via così, dimentichi dei vetusti schiaffi del soldato, ruba-bandiera o delle varianti pecorecce dei giochi della bottiglia e della scopa.

...perchè nella vita esistono tre categorie di animatori...
Gli animatori, in effetti aspirano solo a diventare presentatori televisivi. Ce l'aveva confessato il burinozzo, una sera in cui c'aveva inondato di chiacchiere sulla sua professione.
Esistono tre categorie di animatori - aveva sentenziato - I geni dell'animazione, come Fiorello. Quelli onesti che vogliono crescere e fare divertire la gente e quelli che lo fanno solo per trombare. Semplice, lampante, cristallino, e aveva aggiunto io aspiro a diventare capo villaggio, certo qui ho conosciuto gente importante, come Sergio Vastano. E non si sa mai che arriva il produttore e ti vede e decide di portarti a Roma a fare la televisione. E' pieno di presentatori che hanno fatto gli animatori. Ma io no, a me piace questo lavoro, mi dà scariche di adrenalina, mi fa impazzire stare sul palco e ricevere gli applausi. Certo se dovesse capitare di entrare nel mondo dello spettacolo, ..... Gli occhi del burino s'erano illuminati, il nume tutelare di tutti gli animatori del mondo, San Fiorello, vegliava su di lui. Aspettava solo un segnale che dicesse, è la tua ora. Vai: de sciò mast go on. Dallo snorcheling alla televendita di pannoloni per vecchietti, il passo è breve.

Siamo tutti amici
E' incredibile come la gente passati due minuti dalle presentazioni, arrivi a confidenze estreme da confessionale, in "un attimino", verrebbe da dire. Piacere Alfio dalla borgata Casalotti, Roma; piacere Marina da Conegliano Veneto, Treviso.... mio marito è impotente, mia suocera è una stronza, mia sorella poverina c'ha avuto una gravidanza isterica, mia moglie vuole essere legata al letto, e poi - da quando siamo arrivati qui la devo frustare con le palme. Mio marito ama lo spanking con le noci di cocco: gliele devo tirare sulle reni, solo così si eccita.

Vesti la barbie
Ogni sera al risto-buffet c'era la cripto animazione, il gioco incoscio del "vesti la barbie" tra le sciure presenti. Non ce l'aveva comunicato nessuno, ma ogni santa cena s'assiteva alla sfilata delle strappone e non. C'era una tizia accanto a noi, emiliana, mora, rifatta nella bocca e nel naso, che però aveva finito i soldi per il chirurgo quando s'era trattato di metter mano a fianchi-tette-e-culo.
S'era portata per una settimana quattordici paia di scarpe, quattordici. E un'intera butic costoso-truciddottera di tailleur fascianti, parei larghi come fazzoletti da naso, sciort sgargianti iper-attillati, vestitini trasparenti che mostravano tanga minuscoli e rotoli maiuscoli, che mandavano in corto circuito religioso-sessuale i maldiviani meno osservanti.
Madame amava poi presentarsi con jeans stretti ed elasticizzati come faceva la signora beneventana sua vicina di tavolo. Entrambe emule di Britney Spears, ciondalavano come Jackie Collins di provincia sul viale del tramonto d'una menopausa equatoriale. I jeans avevano l'orlo ghirigorato che lasciava la panza scoperta, toppini che ammettevano alla vista dei presenti il reggiseno con la spallina in plastica. E poi a gratis: chili, cellulite, rotoli, baffi, buchi, bucce d'arancia, brufoli grossi come piazza del campo: insomma il sommario del numero pre-estivo di Fit for Fun ("Come eliminare quei piccoli inestetismi che ci fanno perdere la prova-costume!").

Ma le signore incuranti e evidentemente incitate dai mariti ricchissimi (anche loro in andropausa), allevatori di maiali a Reggio e produttori di snodi per tazze del cesso a Caorle, proseguivano nello sciò-riil della moschino fascion e delle mini vertiginose di chelvin clain.
Ho capito tutto il giorno della partenza: la ri-fattona avanzava a testa alta pei corridoi dell'aeroporto con un biuti cheis grazioso di luì vuittò, mentre a ruota, il marito-compagno-amante-capufficiospingeva in evidente difficoltà un convoglio di carrellini lungo quanto un Eurostar, ingombro, stracolmo di samsonait variopinte.

Macchine fotografiche e affini.
Ho visto cose che voi umani non potete immaginare. Ho visto giap al largo dell'atollo immergersi con pezzi da 90nikon subacquee con doppio flash. Ho visto macchine digitali in fiamme al largo dei bastioni di Orione e italiani in viaggio di nozze col catalogo di cinefotofranco a spasso per l'isola. E poi farsi foto abbracciati sotto la palmetta con la camera di sfondo. E altri ancora registrare tre ore del cabaret del village.
Due ragazzi in viaggio nuziale, strepitosi animali italici in vacanza (zainetto, superga anche a letto, occhiali da sole pure di notte, biuti cheis grosso come uno zaino da alpino, pieno di medicine che-non-si-mai-signora-mia), riprendevano tutto. Ma tutto, tutto. Peggio dei giap.
Una sera erano con la loro telecamerina alle prese con un pesce spada (assolutamente insipido) cucinato dal pessimo cuco palermitano. Il pescione era lì coperto di salsette ignobili a base di cachicchi e schifezzuole cingalesi e loro riprendevano, zummavano sulla fetide salsette, stringevano sull'occhio fracico, facevano carrellate sul sughetto, dettagli del pomodorino, panoramiche di cipolotti e grandangolate di lische. Un vero zuppone di pesce blair project.
Loro, i due, riprendevano tutto. Tutto il mangime, tutta l'animazione, l'aeroporto, i bagni, i carrelli, i costumi stesi ad asciugare, i cabaret, i giochetti degli animatori, la reception, i conti da saldare. Io - un po' - però, ero invidioso.